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LA TEORIA DELLA GHIANDA



Qualunque approccio dovrebbe avere come unico scopo quello di ridefinire e ristabilire il flusso e la connessione con il Progetto originario, senza alcuna interferenza o direzione da parte del professionista. Come affermava Jung: “non cerco mai di convertire i miei pazienti a qualcosa, e non esercito mai alcuna pressione. A me interessa soprattutto che il paziente possa realizzare la sua personale visione delle cose…secondo ciò che il suo destino comporta”. La teoria della ghianda di James Hillman, noto psicoanalista statunitense, è molto interessante perché parte dal presupposto che ognuno di noi possegga un talento innato, un Daimon che aspetta solo di essere riscoperto, un destino cui siamo chiamati fin dalla nascita. Per rendere meglio il concetto, pensiamo agli alberi. Un seme di quercia nel corso del tempo darà vita necessariamente a una quercia, non a un pino né a un frassino o a un abete. Ogni quercia ha infatti delle peculiarità che la rendono unica, tuttavia sempre di quercia si tratta. E così, secondo Hillman, succede a noi umani, che nasciamo con uno o più talenti peculiari, dimenticandocene spesso strada facendo.

Hillman sostiene che: “ognuno di noi percepisce che la propria vita, contiene molte più cose di quante le mille teorie fin qui formulate riusciranno mai a definire. Chi non ha mai avuto, almeno una volta nella vita, una sorta di illuminazione che ci ha condotto dove siamo. Questo qualcosa ci ha colpiti come un fulmine. Dopo la ‘fulminazione’ avevamo chiaro in mente ciò che dovevamo fare e lo abbiamo fatto. Improvvisamente abbiamo avuto una maggiore coscienza di noi".

Quindi siamo come ghiande potenzialmente querce, a dispetto delle teorie che ci vogliono frutto del contesto antropologico, ambientale, sociale, famigliare. In realtà questi condizionamenti esterni agiscono su di noi, ma siamo altro oltre ad essi. Il problema della vocazione è che nella stragrande maggioranza dei casi la dimentichiamo. Ma attenzione, il punto di vista di Hillman non è fatalista come potrebbe apparire al primo sguardo, egli infatti ritiene che l’individuo sia responsabile delle proprie scelte e in effetti dipende proprio da lui la capacità o meno di ricontattare il Daimon, la vocazione innata che è poi il motivo per cui abbiamo scelto di vivere qui.

Non è nemmeno detto che la ghianda diventi quercia perché, sebbene in potenziale lo sia, potrebbe benissimo essere distrutta prima che questo si liberi, oppure potrebbe rimanere piccina per una serie di motivazioni, ammalarsi e via dicendo. Ma il Daimon è anche una presenza invisibile che si prende cura di noi quotidianamente. Una presenza che nell’antichità veniva omaggiata con rituali e ringraziamenti, oggi totalmente ignorata.

Hillman sostiene che il Daimon, questo spiritello amico, possa emergere in momenti inaspettati, tuttavia cruciali… perché lo spiritello ci induce a scegliere le situazioni e le persone più adatte per far emergere la nostra vocazione.

Tratto in parte da eticamente.net


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©2022 SPIRIT Blog di Cristin Gioia Naldi





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